Riflessione sul Vangelo della domenica
di Maria e Sebastiano Fascetta
La III domenica di Avvento segna il passaggio tra l’attesa e Colui che viene, tra Giovanni il Battista precursore dell’attesa e Gesù il Veniente. Si tratta di un tempo fecondo che intercorre tra il già compiuto e il non ancora compiuto, che suscita e alimenta il desiderio, fondamento dell’amore. Non c’è amore senza desiderio. Amare non è possedere ma accogliere l’inedito, il mistero della persona amata. Questo implica l’attesa, il silenzio, il vuoto, la disponibilità ad accogliere senza pretendere, a conoscere senza possedere. Rispettare i tempi e i momenti dell’altro, all’interno della vita matrimoniale, implica l’attesa ovvero la capacità di uscire dalla terra del proprio egoismo, dal carcere delle proprie pretese, per entrare nello spazio largo e liberamente dell’incontro nella diversità.
Anche noi, come Giovanni il Battista, in qualità di famiglia, coniugi, genitori… siamo a volte presi dall’impazienza, dalla ricerca di conferme, di certezze che riempiano il vuoto dell’attesa, della differenza, dell’incomprensibile. Frutto dell’impazienza è la cecità, la sordità, l’incapacità ad assecondare i tempi e i momenti degli altri. L’attesa amante e l’amore desiderante sono, invece, forieri di guarigione, liberazione e di feconda trasformazione delle relazioni: “i ciechi riacquistano la vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono purificati, i sordi odono, i morti risuscitano…”. Sono questi i segni della presenza in divenire del regno di Dio che ci aiutano a vivere l’attesa aderendo alla realtà, al nuovo che accade nello stesso esistenziale, nel ripetersi di gesti, sguardi, parole, atteggiamenti… ispirati dall’amore. Attendere significa sperare, aver fiducia che nonostante le inevitabili difficoltà della vita Gesù Sposo viene nelle nostre case, nei nostri cuori, nelle nostre vicende e faccende quotidiane per rialzarci ogni qualvolta cadiamo, incoraggiarci tutte le volte che siamo sfiduciati, per ravvivare il desiderio ogni qualvolta cediamo all’abitudine. Il tempo di Avvento può essere un periodo fecondo per recuperare nelle nostre case: l’ascolto reciproco abitato dal silenzio; il dialogo rispettoso dandosi del tempo, magari duranti i pasti o la sera; il gusto e la bellezza di stare insieme e diventare, giorno dopo giorno, una sola cosa. Sono tante le famiglie ancora chiuse nel “carcere” dell’ignoranza, circa il potenziale di grazia contenuto nel sacramento del matrimonio, che attendono di essere raggiunte nel loro “deserto” esistenziale dalla testimonianza di famiglie mature nella fede e nell’amore, capaci di riflettere l’agire salvifico del Veniente. Chiediamo al Signore la grazia di essere famiglie aperte agli altri, evangelizzate dall’Amore ed evangelizzanti per amore.
VANGELO
Mt 11,2-11
Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?
Dal Vangelo secondo Matteo.
In quel tempo, Giovanni, che era in carcere, avendo sentito parlare delle opere del Cristo, per mezzo dei suoi discepoli mandò a dirgli: «Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?». Gesù rispose loro: «Andate e riferite a Giovanni ciò che udite e vedete: I ciechi riacquistano la vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono purificati, i sordi odono, i morti risuscitano, ai poveri è annunciato il Vangelo. E beato è colui che non trova in me motivo di scandalo!».
Mentre quelli se ne andavano, Gesù si mise a parlare di Giovanni alle folle: «Che cosa siete andati a vedere nel deserto? Una canna sbattuta dal vento? Allora, che cosa siete andati a vedere? Un uomo vestito con abiti di lusso? Ecco, quelli che vestono abiti di lusso stanno nei palazzi dei re! Ebbene, che cosa siete andati a vedere? Un profeta? Sì, io vi dico, anzi, più che un profeta. Egli è colui del quale sta scritto: “Ecco, dinanzi a te io mando il mio messaggero, davanti a te egli preparerà la tua via”.
In verità io vi dico: fra i nati da donna non è sorto alcuno più grande di Giovanni il Battista; ma il più piccolo nel regno dei cieli è più grande di lui».