Riflessione sul Vangelo della domenica
di Rosa Maria e Giorgio Middione
In questa domenica di gioia, la liturgia della Parola annuncia la misericordia ed il perdono, proponendo le tre parabole dei “perduti ritrovati”. Ciò che ricorre, infatti, in tutto il brano e collega le tre parabole tra di loro, sono i verbi perdere e trovare: il pastore che perde e ritrova la sua pecorella smarrita, la vedova che cerca la dracma perduta ed, infine, il padre che va incontro al figlio smarrito e lo abbraccia. L’epilogo delle tre storie è l’esplosione della gioia per il ritrovamento del “perduto” espressa con un momento di festa.
Nella prima e nella terza parabola, emerge il tema della misericordia incondizionata, aperta, senza limiti di Dio Padre e, dell’amore sviscerato che Dio ha per ognuno di noi, piccole creature fragili.
“L’amore che Dio propone è una divina follia”.
Emerge una figura di Dio che è Padre misericordioso, che ci ama oltre ogni misura e che ci aspetta sempre. Tutte le volte che smarriamo la via e cadiamo nel peccato, Dio attende i nostri tempi e la nostra conversione.
Attende con le braccia aperte e continua a venirci incontro con la Sua tenerezza, aspettando il nostro ritorno a Lui.
“Anche se noi ci perdiamo, Lui non ci perde mai”. Nonostante i nostri tradimenti, è un Dio fedele.
Noi, anche se peccatori, non cessiamo mai di essere suoi figli e Lui ci riconosce come tali. Ecco perché continua ad amarci e nulla potrà mai scalfire il Suo immenso amore per noi.
L’insegnamento, che oggi Gesù vuole donarci è importante per noi sposi, che siamo chiamati ogni giorno a realizzare nella nostra relazione sponsale l’amore di Dio.
La parola misericordia nel senso letterale significa “avere cura delle miserie dell’altro”. Avere a cuore le miserie del nostro sposo/a significa, appunto, prendersene cura, fasciando e curando le sue ferite, attingendo sempre da colui che è Misericordia.
Questo brano del vangelo di Luca, dice molto sulle nostre esperienze di vita coniugale e famigliare. Rivediamo nel passo i nostri vissuti quotidiani tra cui il desiderio di essere accolti, amati, compresi, perdonati ed abbracciati.
Nella relazione d’amore sponsale, abbiamo bisogno di misericordia verso il coniuge e di capacità d’accoglienza dell’altro per quello che è, senza pretendere di cambiarlo.
Noi sposi siamo invitati ad imitare Dio, vivendo della stessa fedeltà divina di amore che il Signore ci dimostra quando non cessa mai di amare ciascuno di noi; imitare Gesù nel suo amare in modo paziente, tenero e misericordioso.
Se questo vissuto appartiene davvero alla vita degli sposi, potrà allora riversarsi, come fiume di grazia, sui figli e su coloro che circondano la famiglia.
Ma sarebbe presuntuoso ed utopistico pensare ad un amore paziente e misericordioso tra gli sposi come quello che ci propone Gesù, puntando solamente sulle forze umane. Abbiamo bisogno della grazia dello Spirito Santo, affinchè la nostra vita sponsale sia invasa da un Amore Divino che non trattiene, ma lascia andare, che si dona e non si impone, un amore rispettoso dei tempi, dei modi e della volontà dell’altro, un amore tenero e gratuito, come quello del Padre. Dio ama così e ci invita a fare altrettanto.
Vangelo
Ci sarà gioia in cielo per un solo peccatore che si converte.
Dal Vangelo secondo Luca
Lc 15,1-32
In quel tempo, si avvicinavano a Gesù tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. I farisei e gli scribi mormoravano dicendo: «Costui accoglie i peccatori e mangia con loro».
Ed egli disse loro questa parabola: «Chi di voi, se ha cento pecore e ne perde una, non lascia le novantanove nel deserto e va in cerca di quella perduta, finché non la trova? Quando l’ha trovata, pieno di gioia se la carica sulle spalle, va a casa, chiama gli amici e i vicini, e dice loro: “Rallegratevi con me, perché ho trovato la mia pecora, quella che si era perduta”. Io vi dico: così vi sarà gioia nel cielo per un solo peccatore che si converte, più che per novantanove giusti i quali non hanno bisogno di conversione.
Oppure, quale donna, se ha dieci monete e ne perde una, non accende la lampada e spazza la casa e cerca accuratamente finché non la trova? E dopo averla trovata, chiama le amiche e le vicine, e dice: “Rallegratevi con me, perché ho trovato la moneta che avevo perduto”. Così, io vi dico, vi è gioia davanti agli angeli di Dio per un solo peccatore che si converte».
Disse ancora: «Un uomo aveva due figli. Il più giovane dei due disse al padre: “Padre, dammi la parte di patrimonio che mi spetta”. Ed egli divise tra loro le sue sostanze. Pochi giorni dopo, il figlio più giovane, raccolte tutte le sue cose, partì per un paese lontano e là sperperò il suo patrimonio vivendo in modo dissoluto. Quando ebbe speso tutto, sopraggiunse in quel paese una grande carestia ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno. Allora andò a mettersi al servizio di uno degli abitanti di quella regione, che lo mandò nei suoi campi a pascolare i porci. Avrebbe voluto saziarsi con le carrube di cui si nutrivano i porci; ma nessuno gli dava nulla. Allora ritornò in sé e disse: “Quanti salariati di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame! Mi alzerò, andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi salariati”. Si alzò e tornò da suo padre.
Quando era ancora lontano, suo padre lo vide, ebbe compassione, gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò. Il figlio gli disse: “Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio”. Ma il padre disse ai servi: “Presto, portate qui il vestito più bello e fateglielo indossare, mettetegli l’anello al dito e i sandali ai piedi. Prendete il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”. E cominciarono a far festa.
Il figlio maggiore si trovava nei campi. Al ritorno, quando fu vicino a casa, udì la musica e le danze; chiamò uno dei servi e gli domandò che cosa fosse tutto questo. Quello gli rispose: “Tuo fratello è qui e tuo padre ha fatto ammazzare il vitello grasso, perché lo ha riavuto sano e salvo”. Egli si indignò, e non voleva entrare. Suo padre allora uscì a supplicarlo. Ma egli rispose a suo padre: “Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai disobbedito a un tuo comando, e tu non mi hai mai dato un capretto per far festa con i miei amici. Ma ora che è tornato questo tuo figlio, il quale ha divorato le tue sostanze con le prostitute, per lui hai ammazzato il vitello grasso”. Gli rispose il padre: “Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo; ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”».
Parola del Signore