Ieri sera , leggevo dei passi di un libro di Costanza Miriano, e nonostante sia strutturato a mo’ di lettera alle sue figlie femmine (che io non ho), è possibile coglierne degli aspetti fondamentali che si adattano alla vita di qualunque donna, quindi anche alla mia. Mi ha colpito la definizione che dà del paradiso in terra. Il paradiso è l’esercizio del nostro desiderio di accogliere Dio, di far sanguinare le nostre ferite finché non sia Lui a sanarle per riempirle di una carne che non è solo umana ma spirituale. E’ una visione plasmata dalla sofferenza e dalla gioia assieme. Nelle donne è più facile intravedere la capacità di assorbire queste parole. E il motivo sta nella struttura ontologia e fisiologica delle donne, mista a fragilità, mistero, complicazione e accoglienza. Le donne, prima di tutti, fanno spazio, sono votate a fare spazio, sanno accogliere e chiedono di farlo inconsapevolmente, per la naturale presenza di un grembo che accetta la vita. Sanno essere in comunione col Mistero molto più degli uomini proprio in virtù della loro struttura fisica che si congiunge, in forza del suo essere tale, al Mistero.
A tutto questo si aggiunge la complicazione, la ribellione, l’istintività che ci costituiscono per natura. In questa prospettiva, avvicinarsi al Mistero significa vincere la battaglia contro gli istinti, contro lo strapotere dei sentimenti e allo stesso tempo, accettare invece di non smettere mai di lottare per coloro che ci sono stati assegnati. Questo anche al di fuori della vita famigliare. L’incompiutezza fa naturalmente parte del mondo femminile. Teniamo acceso in maniera persistente il desiderio di compierci, anche in uno sguardo. E’ l’insicurezza che ci precede in ogni gesto. Il problema non è la mancanza, o addirittura la voragine , ma è il che cosa la può riempire. E la pienezza del vuoto si ottiene aspettando e cercando lo sguardo di Dio. Il Suo sguardo ci completa, ma, di nuovo , l’incompiutezza bussa alla porta, ripetutamente. Non si estingue in un unico sguardo, nello stupore di un sentimento cristiano; ha bisogno di una dedizione di scelte: scegliere di assomigliare a Maria, l’unica donna che ha riconciliato in sé la contraddizione. Se si è come Maria allora, si giunge ad accogliere lo sguardo di Dio e lo si vivifica pur nelle contraddizioni.
Una donna è chiamata prima dell’uomo a consegnarsi spiritualmente a qualcun altro che le impedisca di seguire l’altalena dei suoi umori. Si tratta di tenere costantemente la propria posizione, anche quandoci si innamora castamente di una persona che non si può avere, oppure nella delusione per un figlio, nella malattia, nella sofferenza di un marito che ha un’altra e se ne va. Eppure è possibile privarci delle recriminazioni solo se a realizzarci non sono le vicende umane , ma quel Tu-che -mi-fai tanto caro a Don Giussani. Se ci abbandoniamo a questo Tu, sapiente in modo immenso e altrettanto amorevole, ogni sfumatura apparentemente incomprensibile dei nostri giorni assume contorni chiari e definiti. Tutto ciò che è innestato sul ramo di Dio non muore