RIFLESSIONE SUL VANGELO DELLA XXIX DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – ANNO A
di Rosa Maria e Giorgio Middione
Nel testo del Vangelo di questa domenica, i farisei rivolgono a Gesù una domanda, nella speranza di indurlo in reato contro le leggi imperiali di Roma e farlo condannare a morte, ma Cristo non cade nell’inganno. Gesù risponde: “Date a Cesare ciò che è di Cesare e a Dio ciò che è di Dio”; una frase questa spesso usata nel gergo comune e profano e citata quando si parla del rapporto tra il cristianesimo, le istituzioni e il potere politico.
Se Gesù avesse risposto di non pagarlo (Cesare), si sarebbe comportato come un ribelle contro il potere costituito; dicendo di pagarlo, invece, sarebbe stato considerato come traditore del suo stesso popolo. Gesù, invece, invita i suoi interlocutori a prendere la moneta del tributo dicendo che Cesare andava pagato, perché l’immagine sulla moneta era la sua; ma l’uomo, ogni uomo, porta in sé un’altra immagine, quella di Dio e, dunque, è a Lui e a Lui solo, che ognuno è debitore della propria esistenza.
È, dunque, corretto sentirsi a pieno titolo – con diritti e doveri – cittadini dello Stato; ma pensiamo all’altra immagine che è impressa in ogni uomo: l’immagine di Dio, che è il Signore di tutto, e noi, che siamo stati creati “a sua immagine” siamo figli di Dio. Quindi, oggi chiediamoci, prima di ogni cosa, a chi apparteniamo? Il punto focale, infatti, di questo Vangelo è che, oltre alle responsabilità verso le cose del mondo, ci sono le cose di Dio, ed ogni essere umano è “cosa” di Dio. Certamente facciamo parte dello Stato italiano, della nostra famiglia, siamo inseriti in una città, in una comunità parrocchiale, svolgiamo un lavoro e apparteniamo a tutti questi contesti in cui viviamo; ma prima di ogni cosa apparteniamo a Dio. È Lui che ci ha donato tutto quello che siamo e che oggi abbiamo, ed è fondamentale riconoscere questa appartenenza e ringraziare Dio per tutto questo. Il Signore opera nel mondo e ci esorta ad avere su di esso, uno sguardo libero come quello di Gesù, che ci porta a vivere con distacco ogni logica di potere ma, contemporaneamente, ci permette di amare il mondo, impegnandoci nelle realtà terrene come dono di Dio.
Come discepoli di Gesù e cristiani, ogni sposo e sposa, è chiamato ad operare perché in ogni uomo risplenda quell’icona (immagine) di Dio che gli è impressa nel cuore. Prendersi cura dell’altro è una parte essenziale della fede e del matrimonio cristiano; prendersi cura, attraverso gesti concreti, donando supporto emotivo, incoraggiamento spirituale e risorse fisiche.
Pensiamo, ad esempio, alla Sacra famiglia. Giuseppe ha una missione che è il centro della vocazione cristiana: Dio gli affida di essere custode di Maria, sua sposa e di Gesù.
Per questo, ogni uomo e ogni donna vanno rispettati e custoditi perché immagine di Dio; io sposo/a sono responsabile del dono che l’altro rappresenta per me e che ho ricevuto da Dio, sono responsabile della sua felicità/tristezza, della sua serenità/inquietudine, della sua salvezza spirituale, della sua conversione e un giorno sarò chiamato a rispondere a Dio di tutto ciò.
Guidati dalla Luce dello Spirito Santo e dalla Vergine Maria orientiamo la nostra volontà a dare tutto a Dio, fonte di ogni bene e Re di ogni cosa, rimanendo liberi da ogni logica di potere, senza arrenderci alla tentazione di sottometterci ai compromessi e senza lasciarci incantare da ciò che fa parte del mondo e che da Dio ci allontana. Invochiamo l’aiuto di Dio perché ci renda forti, gioiosi, accoglienti e coraggiosi nel farci prossimi, capaci di riconoscere Cristo nel volto dell’altro che è Sua immagine.
Amen
Vangelo
Rendete a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio.
Dal Vangelo secondo Matteo
Mt 22,15-21
In quel tempo, i farisei se ne andarono e tennero consiglio per vedere come cogliere in fallo Gesù nei suoi discorsi. Mandarono dunque da lui i propri discepoli, con gli erodiani, a dirgli: «Maestro, sappiamo che sei veritiero e insegni la via di Dio secondo verità. Tu non hai soggezione di alcuno, perché non guardi in faccia a nessuno. Dunque, di’ a noi il tuo parere: è lecito, o no, pagare il tributo a Cesare?».
Ma Gesù, conoscendo la loro malizia, rispose: «Ipocriti, perché volete mettermi alla prova? Mostratemi la moneta del tributo». Ed essi gli presentarono un denaro. Egli domandò loro: «Questa immagine e l’iscrizione, di chi sono?». Gli risposero: «Di Cesare».
Allora disse loro: «Rendete dunque a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio».
Parola del Signore.