RIFLESSIONE SUL VANGELO DELLA XIII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – ANNO A
di Rosa Maria e Giorgio Middione
Il brano del Vangelo di questa settimana ci offre diversi spunti di riflessione in quanto il Signore dona ai discepoli delle istruzioni per la missione alla quale sono chiamati per edificare il suo regno ed annunciare il Vangelo.
Nel suo insegnamento di oggi, Gesù ci invita ancora una volta ad amare, ma questa volta ad amare Lui più di tutti gli altri, più dei nostri stessi cari.
Questa pagina biblica ci esorta a riflettere su come viviamo le nostre relazioni affettive che sono importanti ma, non dimentichiamo, che sono anch’esse un dono di Dio…. non ci appartengono e non le possediamo.
I legami umani, infatti, possono essere luoghi di intralcio e di schiavitù al “fiorire “della persona che Dio ci mette accanto; possono, infatti, diventare per noi soffocanti, esclusivi, idolatri e noi possiamo giungere ad attribuire ai nostri cari (genitori, coniugi, figli) un ruolo di divinità da adorare, portandoci nel tempo a strutturare dei rapporti di dipendenza, basati sul potere in cui alimentare aspettative nel timore di deludere o essere deluso dall’altro e, di conseguenza, togliendoci la libertà del cuore.
Tutto questo non è in linea con l’atteggiamento accogliente e caritatevole con cui Dio ci chiede di vivere le nostre relazioni personali.
Gesù, oggi ci invita a metterLo al primo posto ed a considerarLo come modello, affinché possa essere per noi esempio per amare come fa Lui.
Chi accoglie il prossimo più vicino, che sia lo sposo/sposa, il figlio/a un familiare, amico un collega, nella propria vita, avrà accolto Cristo stesso; il discepolo dovrebbe vivere tutto a partire da Cristo, perché il legame che noi creiamo con Dio, anticipa e getta le fondamenta su cui costruire ogni altro legame.
Le relazioni significative con i nostri cari, anche con il nostro sposo, dovrebbero essere subordinate al nostro rapporto con Gesù, non perché siano meno importanti ma, semplicemente, perché solo in Cristo, solo in Lui, tutte le nostre relazioni affettive trovano il giusto valore e significato.
Quando Gesù in questo brano ci chiede di amarlo sopra ogni altra persona, non vuole toglierci o sminuire i nostri affetti, bensì vuole ricordarci che l’amore che noi nutriamo e alimentiamo verso Cristo è la base e la certezza per potere amare il nostro prossimo secondo verità.
Solo se riusciremo ad amare Dio con tutto il nostro cuore, allora saremmo in grado di amare anche tutte le persone che Lui ci metterà accanto nel nostro cammino di vita, con la stessa misura. Più, dunque, amiamo Gesù, più ameremo il nostro sposo/a, nostro figlio/a e le persone a noi care.
Scegliere di dare a Gesù priorità, significa riconoscere che Lui ci dona un Amore unico che nessun altro potrà mai darci e che da questo Amore divino, nascono tutti gli altri amori.
Il Vangelo poi, continua enunciando ciò che ogni discepolo è chiamato a fare per seguire Gesù.
Dopo avere dato il giusto peso e ordine ai propri affetti, ognuno di noi è chiamato a prendere su di sé la propria croce, accettandola per ripercorrere insieme a Cristo quello che Lui stesso ha patito.
Siamo chiamati ad abbracciare con Fede le nostre difficoltà, le nostre prove, aggrappandoci a Cristo e solo così la croce, qualunque essa sia, non sarà più fonte di disperazione, ma può diventare, per ciascuno di noi, un’opportunità di conversione e crescita spirituale.
Sono queste le basi su cui incentrare la nostra vita di cristiani che scelgono, quotidianamente, di mettere in pratica il comandamento dell’amore: donarsi al prossimo!!!!!! un atto che implica il mettersi da parte ….. decentrarsi, per dare spazio all’altro.
Seguire le orme di Cristo donando la propria vita per amore, nel Suo nome; quando, infatti, nel passo ci dice di “Perdere la vita”, si riferisce proprio a questo… donarsi al prossimo ed a Dio….. e nell’atto di perdere la propria vita per l’altro e per Dio, si trova la vita…quella vera.
Questo amore che Dio ci chiede di donare può realizzarsi con segni concreti, gesti che esprimono ciò che il nostro cuore sente. Simbolicamente il “dare un bicchiere d’acqua” di cui parla il brano, può avere tanti significati, quale il prendersi cura, attenzionare, accogliere e sedare la sofferenza, il bisogno di chi ha una necessità e desidera essere ristorato nella sua sete, che può essere di varia natura.
Il Signore, dunque, oggi ci invita a guardare il nostro prossimo più vicino, il nostro sposo/a, i nostri compagni di cammino, aprendo il nostro cuore per, cogliere ed accogliere, il loro bisogno e riconoscere la loro sete per dissetarli con il nostro amore, come fa Cristo con noi.
Signore Gesù ti chiediamo di mettere in pratica ciò che tu oggi hai voluto dire alle nostre vite di sposi. Ti preghiamo di donarci occhi per vedere con i Tuo occhi amorevoli e misericordiosi, orecchie per ascoltare e conoscere la sete del mio coniuge, cuore per riempirlo del Tuo amore e della Tua benevolenza e mani operose che si mettano al servizio per sedare la sua fatica, consolare il suo animo e dissetare il suo bisogno d’amore. Amen
Vangelo
Chi non prende la croce non è degno di me.
✠ Dal Vangelo secondo Matteo
Mt 10,37-42
In quel tempo, Gesù disse ai suoi apostoli:
«Chi ama padre o madre più di me non è degno di me; chi ama figlio o figlia più di me non è degno di me; chi non prende la propria croce e non mi segue, non è degno di me.
Chi avrà tenuto per sé la propria vita, la perderà, e chi avrà perduto la propria vita per causa mia, la troverà.
Chi accoglie voi accoglie me, e chi accoglie me accoglie colui che mi ha mandato.
Chi accoglie un profeta perché è un profeta, avrà la ricompensa del profeta, e chi accoglie un giusto perché è un giusto, avrà la ricompensa del giusto.
Chi avrà dato da bere anche un solo bicchiere d’acqua fresca a uno di questi piccoli perché è un discepolo, in verità io vi dico: non perderà la sua ricompensa».
Parola del Signore.