Riflessione sul Vangelo della Domenica – Ascensione del Signore
(Novena di Pentecoste – 3° giorno)
di Soraya e Michele Solaro
Il tempo di Pasqua riaccende in ogni battezzato la speranza nella vita eterna.
Il “passaggio” dalla tribolazione alla gioia, dalla morte alla vita, è effettivamente realizzabile per tutti coloro che, con perseveranza, non abbandonano la ricerca e la sequela di Gesù e, la sua Ascensione, di cui oggi facciamo memoria, è in continuità con questo evento, con questo passaggio.
La Parola di Dio – in particolare la prima e la seconda lettura di questa domenica – ci consegna un’immagine plastica di quanto è stato compiuto da Gesù. Ascendendo, egli ha permanentemente aperto uno squarcio nel cielo, ha fatto spazio nel cuore del Padre, perché ognuno possa averne accesso e trovarvi dimora, un approdo sicuro in cui possa sentirsi a casa.
Il cielo è la nostra metà, continuamente indicata e illuminata dalla speranza che «non delude, perché [scaturisce dal] l’amore di Dio [che] è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato» (Rm 5,5).
Ogni famiglia che ha fatto, e continua a fare, esperienza di questo amore non può fare a meno di invocarlo, di viverlo, di testimoniarlo, di donarlo. La missione della famiglia è quella di realizzare in sé stessa la sua naturale vocazione, diventare chiesa domestica, comunità di vita e di amore, spazio in cui poter sostare, sentirsi al sicuro, anche quando la delusione, lo scoraggiamento, l’incomprensione, il rifiuto, la sofferenza, non trovano adeguate cure. È proprio in questi momenti che la famiglia rimane spesso l’unico luogo in cui rifugiarsi e “poter posare il capo”.
La casa, allora, deve sempre più somigliare ad una dimora stabile, deve sempre più diventare il luogo della permanenza. Oggi, però, è proprio questa stabilità a fare paura. Il per sempre, ciò che dura, sembra essere controcorrente rispetto al pensiero dominante, più propenso ad assecondare i desideri del singolo che le necessità di ciascuno, una cultura che preferisce la chiusura in se stessi alla condivisione, l’utilitarismo all’attenzione alla persona. Ma la famiglia è chiamata a resistere, nonostante questa tremenda avversione nei suoi confronti.
Nel terzo giorno della novena di Pentecoste, mentre invochiamo ancora una volta l’amore promesso, lo Spirito che consola, la Presenza rassicurante di Gesù nella nostra vita, chiediamogli, in forza della Speranza che è in noi, di prendere dimora nelle nostre case, di trasformare le nostre famiglie in cenacoli capaci di accogliere con rinnovato stupore la novità e la bellezza dei progetti di Dio.
Noi siamo poveri Signore, e non abbiamo nulla di nostro da offrirti se non la tua stessa promessa, unica speranza nostra è la Parola che ci hai consegnato: «ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo» (Mt 28,20).
VANGELO
Mt 28,16-20
A me è stato dato ogni potere in cielo e sulla terra.
Dal Vangelo secondo Matteo
In quel tempo, gli undici discepoli andarono in Galilea, sul monte che Gesù aveva loro indicato.
Quando lo videro, si prostrarono. Essi però dubitarono. Gesù si avvicinò e disse loro: «A me è stato dato ogni potere in cielo e sulla terra. Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo».
Parola del Signore