Riflessione sul Vangelo della III Domenica di Quaresima
di Maria e Sebastiano Fascetta
Gesù prende spunto da alcuni fatti di “cronaca” – la morte cruenta di alcuni Galilei per mano di Pilato e la morte improvvisa di alcuni abitanti di Gerusalemme a causa del crollo della torre di Siloe – per richiamare i suoi interlocutori al primato della conversione. I fatti in sé non sono determinati da Dio – «Credete che fossero più colpevoli di tutti gli abitanti di Gerusalemme…» – ma possono diventare occasione di risveglio della coscienza rispetto ad un vivere sonnolento e compiaciuto, paralizzato nell’immobilismo del contingente. Il Dio rivelato da Gesù Cristo non determina mai situazioni distruttive e mortifere per suscitare il ravvedimento dei peccatori. Egli, piuttosto, interviene usando misericordia, infatti, non “taglia” l’albero sterile, ma interviene per renderlo fecondo. Il Vangelo odierno ci esorta a vivere il tempo quaresimale come occasione propizia per intensificare l’impegno alla conversione e consentire alla Grazia di Dio di rendere feconda la vita familiare, sociale, spirituale, umana. La vita cristiana non si fonda sulla mortificazione, ma sulla fecondità che scaturisce dalla misericordia di Dio. Convertirsi significa dilatare il cuore per lasciarsi amare da Dio e riscoprire la bellezza dell’avventura umana, alla scuola del Vangelo. Ogni vero ritorno a Dio è anche un ritornare agli altri: a nostra moglie, marito, figli, parenti, amici…, con sguardo fecondato dalla misericordia di Dio. Non sono i rimproveri, le punizioni, le ripicche, i sensi di colpa, ne tanto meno la volontà di voler distruggere tutto (come il vignaiolo della parabola) per non affrontare i propri e altrui limiti che ci cambiano, ma la paziente prossimità scevra da ogni giudizio. La conversione è un lavoro umile, attento, di “concimazione” del cuore, che sa guardare al futuro con l’ottimismo della fede. Nulla è impossibile a Dio. Qualunque situazione di sterilità relazionale può essere trasformata dalla Grazia, nella maniera in cui siamo disponibili a lasciarci amare da Dio, senza anteporre resistenze, senza reclamare presunti meriti. L’amore divino si fa visibile mediante gesti quotidiani di semplice cura che l’amore coniugale, genitoriale sa attivare: vero e proprio lavoro “artigianale” di reciproca integrazione delle diversità. Proviamo in questo tempo quaresimale ad integrare i limiti esistenziali, personali e familiari, con sguardo misericordioso e vedremo “frutti per l’avvenire”.
VANGELO
Lc 13,1-9
Se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo
Dal Vangelo secondo Luca
In quel tempo si presentarono alcuni a riferire a Gesù circa quei Galilei, il cui sangue Pilato aveva mescolato con quello dei loro sacrifici. Prendendo la parola, Gesù rispose: “Credete che quei Galilei fossero più peccatori di tutti i Galilei, per aver subito tale sorte? No, vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo. O quei diciotto, sopra i quali rovinò la torre di Siloe e li uccise, credete che fossero più colpevoli di tutti gli abitanti di Gerusalemme? No, vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo”.
Disse anche questa parabola: “Un tale aveva un fico piantato nella vigna e venne a cercarvi frutti, ma non ne trovò. Allora disse al vignaiolo: Ecco, son tre anni che vengo a cercare frutti su questo fico, ma non ne trovo. Taglialo. Perché deve sfruttare il terreno? Ma quegli rispose: Padrone, lascialo ancora quest’anno, finché io gli zappi attorno e vi metta il concime e vedremo se porterà frutto per l’avvenire; se no, lo taglierai”.