Il Vangelo nella famiglia – 20 gennaio 2019


Riflessione sul Vangelo della II Domenica del Tempo Ordinario 

di Maria e Sebastiano Fascetta

Il Vangelo delle nozze di Cana, della II domenica del T.O., offre la possibilità di guardare le relazioni familiari nella prospettiva cristologica. Lo sposo è Cristo, il vino nuovo è il dono della salvezza, la sposa è la comunità dei credenti. Tutto questo non ha una valenza soltanto ecclesiale, ma illumina anche la condizione di vita della “piccola chiesa domestica” che è la famiglia, fondata sull’alleanza sacramentale degli sposi con Cristo Sposo. L’esperienza della Grazia avviene all’interno del concreto vivere quotidiano, fatto di dialogo, di sguardi, di attenzioni, silenzi, gesti di tenerezza, convivialità, cura, fiducia, attesa, preoccupazioni, delusioni. L’acqua si trasforma in vino, l’ordinario è illuminato dallo straordinario dell’amore di Dio, il quotidiano non è più monotona ripetizione di gesti e atteggiamenti, ma scoperta del “vino nuovo” della Grazia che rende fecondo ogni piccolo particolare esistenziale. È alquanto attuale il richiamo alla “festa” – di cui il vino ne è simbolo eloquente – quale atmosfera caratterizzante la vita familiare. A ragion del vero non è un dato scontato. Anzi, probabilmente è proprio la gioia “il vino che manca” in molte famiglie. Amare significa guardare ciò che manca per rendere gioiosa la vita dell’amato, dell’amata. Per fare questo bisogna avere lo sguardo di Maria, la madre di Gesù. Uno sguardo attento ai particolari, lucido, concreto, aperto, pronto a lasciarsi interpellare dal bisogno degli altri. Occhi che sanno vedere e orecchie che sanno ascoltare. Il dono del “vino buono” anticipa il dono del Corpo e Sangue di Cristo nell’ultima cena, quale manifestazione della pienezza d’amore di Dio per noi. Anche l’amore umano che circola all’interno dell’unione coniugale è sacramento dell’amore divino, manifestazione dell’invisibile Grazia che agisce efficacemente nella storia umana. L’unione degli sposi, infatti, non è fine a se stessa, ma fonda la genitorialità e ogni gesto di accoglienza verso gli altri. L’amore è fecondo in sé, è “vino buono”, sobria ebbrezza dello Spirito che rallegra i cuori. Cana non è semplicemente un luogo geografico, ma è un modo di essere famiglia nel segno della festa e dell’offerta di sé. Dove c’è dono c’è gioia. Confortati dall’intercessione di Maria, consegniamo la nostra storia familiare al cuore di Dio. Apriamo i nostri cuori davanti a Cristo Sposo, come “giare” vuote pronte ad accogliere il “vino nuovo” dello Spirito.

 

VANGELO
Gv 2,1-12

Questo, a Cana di Galilea, fu l’inizio dei segni compiuti da Gesù.

 Dal Vangelo secondo Giovanni

In quel tempo, vi fu una festa di nozze a Cana di Galilea e c’era la madre di Gesù. Fu invitato alle nozze anche Gesù con i suoi discepoli.

Venuto a mancare il vino, la madre di Gesù gli disse: «Non hanno vino». E Gesù le rispose: «Donna, che vuoi da me? Non è ancora giunta la mia ora». Sua madre disse ai servitori: «Qualsiasi cosa vi dica, fatela».

Vi erano là sei anfore di pietra per la purificazione rituale dei Giudei, contenenti ciascuna da ottanta a centoventi litri. E Gesù disse loro: «Riempite d’acqua le anfore»; e le riempirono fino all’orlo. Disse loro di nuovo: «Ora prendetene e portatene a colui che dirige il banchetto». Ed essi gliene portarono.

Come ebbe assaggiato l’acqua diventata vino, colui che dirigeva il banchetto – il quale non sapeva da dove venisse, ma lo sapevano i servitori che avevano preso l’acqua – chiamò lo sposo e gli disse: «Tutti mettono in tavola il vino buono all’inizio e, quando si è già bevuto molto, quello meno buono. Tu invece hai tenuto da parte il vino buono finora».

Questo, a Cana di Galilea, fu l’inizio dei segni compiuti da Gesù; egli manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui.

Parola del Signore