Riflessione sul Vangelo della XXX domenica del tempo ordinario
di Lina e Dino Cristadoro
La liturgia di oggi ci propone una pagina molto significativa di tutta l’opera di salvezza operata da Gesù.
Gesù ama l’umanità fino al dono totale di sé sul Golgota, Egli salva l’uomo, tutto l’uomo. Durante la sua vita, ed in modo particolare nei tre anni della sua predicazione Gesù “passa sanando e beneficando tutti” (Atti 10,38).
Il cieco è seduto lungo la strada a mendicare, costretto all’immobilità dalla sua cecità, mentre tutti si muovono intorno a lui, non è però sordo e, anche se non vede, ascolta quello che accade. Supplica Gesù di avere pietà di lui, forse aveva sentito qualcuno raccontare che il nazareno, il figlio di Davide, davvero poteva guarire ogni infermità. Non si piega ai rimproveri che riceve, non si rassegna alla sua condizione e continua a gridare.
Gesù è “Colui che passa”, dal cieco è invocato come Messia e Signore, ( figlio di Davide!); Gesù si ferma e chiede che gli venga portato l’uomo che lo chiama, che grida il suo nome, desidera incontrarlo. Lo interroga, gli chiede cosa si attende da Lui e poi lo guarisce ridonandogli la vista, Bartimeo, crede in Gesù, ha una fede salda, non se ne va, e dopo aver riacquistato la vista, segue Gesù nel suo viaggio: “La tua fede ti ha salvato”.
Quante famiglie oggi vivono la cecità! Quante coppie pur vedendosi non riescono a guardarsi, a guardarsi dentro? A cercare l’anima dell’altro, il suo cuore, i suoi bisogni, le sue fragilità?
Dalla cecità si passa all’indifferenza, all’immobilità e, come Bartimeo, si può rimanere “seduti” sulle proprie infermità anche per sempre.
Gesù passa, anche oggi per le vie di questo mondo, con la sua Parola, con i sacramenti, con la sua grazia, ma purtroppo sono troppi i condizionamenti che ci vengono imposti dalla cultura imperante o dai nostri limiti, e che ci impediscono di sollevare lo sguardo verso il figlio di Davide.
Se riuscissimo ad avere l’audacia di quel cieco, se solo riuscissimo anche noi a “gridare” quel nome, certamente Gesù si fermerebbe e ci chiamerebbe chiedendo anche a noi: «Che cosa vuoi che io faccia per te?».
L‘uomo dei dolori può forse rimanere indifferente alle nostre sofferenze?
Nei momenti di difficoltà, di incomprensione, delle decisioni fondamentali, rivolgiamoci a Colui che vede, che vive con noi, che è il Dio con noi, che vuole venire ad abitare nelle nostre case per ridare a ciascuna famiglia il senso pieno della propria bellezza. Egli conosce le nostre miserie, le nostre infermità e ne è toccato profondamente; è a noi che rivolge, come al cieco, il suo sguardo di compassione perché vuole restituirci la vista e la vita. Come possiamo allora scoraggiarci? Gesù restituisce all’uomo la sua integrità, lo conduce verso un’esistenza completa e perfetta, la Salvezza eterna per mezzo della fede in Lui. «Va’, la tua fede ti ha salvato».
Dal Vangelo secondo Marco
Mc 10,46-52
In quel tempo, mentre Gesù partiva da Gèrico insieme ai suoi discepoli e a molta folla, il figlio di Timèo, Bartimèo, che era cieco, sedeva lungo la strada a mendicare. Sentendo che era Gesù Nazareno, cominciò a gridare e a dire: «Figlio di Davide, Gesù, abbi pietà di me!».
Molti lo rimproveravano perché tacesse, ma egli gridava ancora più forte: «Figlio di Davide, abbi pietà di me!».
Gesù si fermò e disse: «Chiamatelo!». Chiamarono il cieco, dicendogli: «Coraggio! Àlzati, ti chiama!». Egli, gettato via il suo mantello, balzò in piedi e venne da Gesù.
Allora Gesù gli disse: «Che cosa vuoi che io faccia per te?». E il cieco gli rispose: «Rabbunì, che io veda di nuovo!». E Gesù gli disse: «Va’, la tua fede ti ha salvato». E subito vide di nuovo e lo seguiva lungo la strada.